mercoledì 31 dicembre 2008

Welcome to Padania (chapter II) - New year's Day

Mi immagino ora la canzone tra parentesi che dà il sottotitolo al mio blog. Appena sentita.
Io adoro quel film, ne adoro il finale, osservare la distruzione e il crollo da un punto di vista privilegiato, mano nella mano.
E vedo questa cosa poetica, dalla distruzione alla ricostruzione.
Mi piace essere qui e scrivere, a un quarto da mezzanotte.
Che si può pensare che sia triste, ad essere in casa sola, davanti al pc invece che in mezzo alle persone, come se fossi sola eternamente.
Io non sono sola, e ora su questo tavolo, con una candelina vicino (amo la compagnia di una candela) sono serena.
Sono abituata ad i Capodanni by myself, ma a questo giro ne sono lieta e serena.
Di uscire non ne avevo lo forze. Ho dormito fino alle 22 passate.
Cazzo cinque minuti a mezzanotte.
Devo tirare fuori il prosecco.
Brindo col mio blog, che mi ha portato tanto,
Potevo uscire, come no, ma sono paga.
Sono uscita a fumare una sigaretta in terrazzo.
Fuori NEVE che spettacolo. dormo due ore ed esce neve.
Quella sigaretta me la sono proprio fumata pensando a New Year's Day.
Un mondo in bianco e nero.
Chiaro limpido e cristallino.
Sono serena,
Ho deciso che fino alla Befana non faccio nulla.
Prendo coscienza del paese, imparo,
Poi sveglia Vale.
E qua io credo proprio che il lavoro lo trovo.
Ora mi verrebbe da ballare, Kate Nash
lei mi piace un mucchio.
La gente normale fa il cenone.
Io ho fatto il pranzone,
Che cosa bella. Anche assurda,
questa casa era vuota
no signs of life
Io credo che le case siano scatole, contenitori
Mi han dato carta bianca,
cazzo la voglio fare vivere una casa
se no è spreco.

Poco che sia, una casa io credo debba essere un rifugio.
In casa MIA l'ho sempre pensato e fatto.
Ora sono ospite.
Stamattina ho pulito. Proprio di impegno.
Poi il pranzo,
sono stata orgogliosa del successo del cibo Ronagnolo.
Le tartine erano oggettivamente buone,
il Salmone preso in una smokery si sente che è buona cosa.
I Cappelletti col MIO ragù, un po' mi pavoneggio.
In Romagna sappiam fare almeno quello, far da mangiare.
Domani vorrei andare a correre, cavolo chi non corre a Capodanno...
Buon anno a 360 gradi, a me e alle persone che ho ho care,
vicine e lontane.


martedì 30 dicembre 2008

Welcome to Padania (Chapter I)

E così Almost Done.
Armi e bagagli, ci si prova.
Sveglia ore cinque stamane, mica puntata, di non riuscire più a stare nel letto.
Di controllare cavolo, di aver preso tutto, di essere autonoma.
Quando ho dato uno sguardo veloce al bagaglio mi sono un attimo preoccupata, fortuna che il mio driver non era Jackie.
Cavolo ho un amico driver da competizione, che in 7 ore si riesce a fare 666 km (the number of the beast???) più calma pausa pranzo.
Ecco io della piatta Padana ho sempre visto solo il peggio, proprio la piatta grigia e uggiosa e umida.

Toh vai 200 km ed esce il sole. Faccio una mano di conti, eran due settimane che non vedevo il sole. Già un lusso.
Sulle autostrade mi incuriosisco e guardo fuori, taccio e assimilo.
Ho sprazzi di entusiasmo quando vedo ditte che conosco.
Cavolo tante, io facevo partire le navi, io mi emoziono con i containers gialli dell'Msc e nel riconoscere in capannoni o anonimi palazzi, persone con cui ho scambiato mail, telefonate.
Poi ti trovi in un paese mai visto, che c'è la Vecchia Osteria di Larry, e ti magni una Fiorentina da urlo, con le patatine tenere, e tre tipi di sale, manco lo sapevo che ci sono tutti questi tipi di sale, e di olio e osservi e assimili, (welcome in Padania con pranzo toscano!) magliette verdi e pelate, personaggi assurdi che sembrano usciti da un film anni 60 in cui il capitano della combriccola gioca a carte con il sigaro in bocca e l'anello d'oro al mignolo che pare Tinto Brass. Noi abbiamo Sèlene in Romagna.
Che strana cosa, ho due diverse voci dal coro, una che mi dice che parlo troppo, una che non dico niente.
Sono una via di mezzo, sono riflessiva.
Mi piace vedere e scoprire le cose.
Ecco io non sapevo che le Filande sono una cosa comune lungo gli argini dei fiumi Lombardi, che poi tutti questi fiumi fanno anche da confine, immaginario o reale.
Oglio. Adda. Mica ruscelli.
Quando sto zitta i casi sono due, o sono estremamente a disagio o sto assimilando. La seconda.
Io dico solo grazie.
Grazie in primis a chi non lo merita, ma ha permesso che tutto ciò accadesse.
Al mio Amico dico grazie e glielo dirò mille volte.
Anche se la tua concezione di 700 metri non è mica proprio satellitare! che ormai mi perdevo!!!Ma quello che occorreva all'uupo rimediato.
E allora mi dico e mi convinco proprio che il mondo è paese, basta volerlo, basta provarci, ma soprattutto crederci ed esserne convinti.
Non il lieto fine, ma la possibilità che ciò possa essere.
Che poi saprei come dirlo ma non scriverlo,
che dùman movè e chiùl....
non ha un verso.
Ma sto bene.
Buonanotte... (to be continued.......)

mercoledì 24 dicembre 2008

Assoluzione

A Natale siamo tutti più buoni.
Quest'anno non me la sono sentita di andare a Messa.
Non so perchè, un po' per la stanchezza, un po' perchè è freddo fuori, si bela, un po' forse perchè non ritengo di poter ricevere la comunione o esprimere un gesto di pace, quando dentro di me c'è uno Tsunami.
Al mondo voglio bene a poche persone, poche ma scelte, sentire il dolore che prova una persona che amo, amo al di là dell'amore inteso come innamoramento, amo perchè il mio migliore amico, di un sentimento inscindibile e a priori da ogni circostanza, sentire il suo dolore, quando si dovrebbe essere tutti almeno un po' sereni, almeno che non si lavora un paio di giorni.
Insomma sentire questo mi fa stare male, già di mio evito il Natale, oggi uscita dal lavoro sono dovuta ricorrere all'Iper, se i gironi danteschi si fermano a sette, io da Ravennate, custode delle sue ceneri, in onore suo ne apro un altro: gli Ipermercati la Vigilia.
Frenesia, gente impazzita, sorrisi falsi, perdere tempo, sentire discorsi (solo mentre pagavo, uso l'I-Pod a palla come anestesia, anche in queste circostanze) inutili, sui regali, che si devono fare.
A me piace fare regali, più che riceverne, ma comprare oggetti inutili che fanno figura o il tentativo di essere simpatici mi fanno tristezza.
Io non sopporto l'ipocrisia. Non sono capace di fingere, non sono diplomatica.
Non riesco a pensare che tutto andrà bene.
Non pessimismo, concretezza.
Ho ricevuto un paio di regali. Ci hanno preso a sto giro.
Total black. Mi sa che mi ci pavoneggerò.
Figo tutto nero.
Ma il regalo più bello, è stato non ricevera l'anatema parte seconda.
Sentirmi dire che sono grande abbastanza per le scelte che faccio, che se credo ci siano possibilità, provare, è stata l'unica cosa che mi ha sciolto i cuore.
Il mio babbo è "dottore". Laureato pieni voti, a Trento.
In sociologia. Mio babbo ha una bella testa.
Mio babbo mi ha insegnato a leggere, prima di andare a scuola, mio babbo mi ha cresciuto a Led Zeppelin, Pink Floyd e e De Andrè.
Mio babbo cantava stonato, "Canzone per una Amica" nelle gite domenicali.
Il mio babbo mi ha insegnato mille cose di cui faccio tesoro.
Non ho una famiglia felice, ma son fiera di mio PADRE.
Buon Natale!

martedì 23 dicembre 2008

Anatema

In genere, proprio di passare sereni Natali non me lo aspetto, l'inverno mi porta jella e le feste comandate, di lustrini e ipocrisia mi fanno venire la pelle d'oca.
Ogni volta, ogni singolo anno, da un bel pezzo a questa parte, spero nel nuovo anno, spero nel miglioramento, che le cose cambino, ma in realtà mi ritrovo sempre lì, a girare in tondo sullo stesso terreno consumato.
Non capisco, proprio non capisco, perchè non si possa concepire l'idea di provare, di tentare una strada diversa, di rischiare quando non si ha nulla da perdere.
Il lavoro non lo avrei mai lasciato, io le amo le Navi, ma se le navi sono vuote, io che non sono un comandante, ma un topino, abbandonerei il vascello prima di affondare...
La mia casina mi piace, ci sono affezionata, ma non è casa MIA, mie sono le cose che ci stanno dentro, miei sono i sentimenti che provo, miei sono gli attimi che ci ho vissuto, la mia casa è un semplice involucro, una scatola che mi contiene e contiene i miei ricordi.
La mia bionda testolina è sempre lei, che ogni notte ovunque si posa su un cuscino e cerca riposo, e cerca pace, ovunque e dovunque sia o possa essere.
Io sono io con la mia valigia di vestiti neri, il mio I-Pod, i miei quadernini e tutto quello che ho nel cuore.
Io sono, anche non sono qui in questo istante, anche se posso essere lontana, io sono.
Non è che spostandomi geograficamente cesserei di esistere.
Come non dimenticherei i miei affetti. Io lo so che le distanze non esistono e si possono annullare, credo che temere le distanze sia limitante, io sono io anche se non mi si vede fisicamente ogni giorno, io sono e continuo ad essere anche se non sono a portata di sguardo.
Almeno tu, Jackie, l'hai capito, grazie per non avermi dato della pazza.
Si cerca di fare un punto a volte, a volte lo esige il cuore, a volte il cervello (quello che ne rimane), a volte le circostante oggettive ci mettono la loro.
Andarsene un po', non vuol dire per forza fuggire, si può anche solo essere stanchi, di nebbia e grigiore, io ho il viaggio dentro, già tentato di esprimere come concetto; lo so, difficile da recepire.
Provare, a far qualcosa, senza sicurezze, è un azzardo io lo so, ma d'altronde io sicurezze ne ho sempre avute poche, forse forse, solo ora, sto riuscendo ad appropriarmi un minimo della mia autostima, della mia coscienza, delle mie speranze; ci provo.
Gli atti di accusa e le scomuniche mi feriscono profondamente, ma non posso tarparmi le ali e cedere ancora una volta a timori e paure.
Le sicurezze non esistono.
Io credo che sia meglio soccombere cercando di abbattere un muro, che rassegnarsi all'idea che il muro è lì e lo devi solo accettare.
E se credi che un muro lo puoi abbattere, puoi costruire un muretto, a misura tua, fatto di mattoncini che ti circondano senza soffocarti, che fanno ombra invece che oscurare, che proteggono invece di rinchiudere, che lasciano filtrare raggi di sole in quanto non sono cementati dall'ordinario, quanto invece sono legati dalla purezza delle proprie convinzioni e perchè no, utopie.
Come i muretti a secco in Irlanda, come la Gera forse.

sabato 20 dicembre 2008

Berghèm

Per quanto mi senta più profondamente legata all'Irlanda che alla mia terra natale, amo comunque l'Italia. E' un paese che ha mille sorprese, contrasti incredibili e scenari sempre nuovi da scoprire. In un lunedì di dicembre, ancora con il verde negli occhi e nel cuore mi sono trovata a Bergamo, e una giornata di sole, con il cielo terso mi ha accolto.
Amo fare queste cose, visitare città che non conosco da sola, io ho sempre il viaggio dentro, il concetto di viaggio come scoperta, sarà anche per quello che faccio partire le navi.
Mi piace camminare senza una meta precisa, andare dove mi portano i miei stivali e il mio I-Pod, vedere le cose da una prospettiva diversa, riempirmi gli occhi di case nuove, mi piacciono le città in salita, le salite di solito portano a qualcosa di bello, l'altezza come metafora e come topos.
Sedermi fuori da un caffè e guardare le persone che passano, e togliere per un attimo la musica, per ascoltare il suono delle voci della gente che vive in un posto diverso, quell'accento secondo me bellissimo e che il mio migliore amico mi accusava di avere acquisito, forse un po' sì, sono come una spugna io, assorbo, per osmosi.
Amo scattare foto, fermarmi un attimo e scrivere qualche pensiero sul mio quadernino.
Curiosare per i negozi, entrare in un forno, che secondo me i forni sono posti speciali, il pane è vita e tradizione, sentire profumi e sapori nuovi.
Sedermi by myself in una trattoria, sfogliare curiosa e affamata un menù ignoto ed invitante; una battilarda in legno di salumi, un bicchiere di vino, assaggiare i tanto decantati casonsèi (che il decanto proprio se lo meritano!) e chiudere il pasto in pace, in silenzio, osservando, gustando il profumo di una grappa locale.
Poi scendere, la discesa, un rientro, camminare su stradine acciottolate, mentre il sole dà il suo meglio prima di cedere il passo al crepuscolo.
"Mi innamoravo di tutto", diceva il Faber.




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venerdì 19 dicembre 2008

Bilanci

Io a parlare di bilanci non sono pratica, io e l'aritmetica non siamo mai state troppo amiche.
Come l'economia mondiale però, anche io ora sono costretta a farli.
A farmi i conti in tasca faccio presto, in quattro e quattr'otto.
E una serie di contingenze mi dicono che è ora.
Di fare qualcosa, di darmi una mossa, non stare più a guardare la mia vita, aspettando che imbrocchi o imbocchi una direzione, una rotta più o meno logica.
Mi accorgo, o meglio, mi si è fatto accorgere che ho sempre le mascelle serrate, davvero, fisicamente, perchè sono sempre tesa e devo sempre tenere botta.
Quello si deve fare, è scontato, ma ora come ora, mi viene da dire che non ho più molto per tenerle così strette hic et nunc.
Ogni giorno che passa è qualcosa che mi avvicina alla fine, ed è sempre più pesante.
Sono stanca, non sono stanca di lottare, sono stanca di trovarmi sempre al punto di partenza.
E io ormai quella fine la desidero, la pretendo anzi.
Non è un pensiero disperato, tutt'altro.
"La vertigine non è, paura di cadere, ma voglia di volare".
Voglio un nuovo inizio, che non vuol dire cancellare il passato, che non significa rinnegare le mie radici, che hanno fatto di me la strana persona che sono.
Voglio darmi la possibilità di essere vera.
Ovunque e dovunque e comunque.
E il mio bilancio, sempre al limite, con quell'ago che pende sempre pericolosamente verso il basso, mi intima di lasciare dietro.
"E' meglio un salto nel vuoto che un buco sotto ai piedi", mi è stato detto.
Ci ho riflettuto, tanto, ci continuo a pensare, sempre.
Sono spaventata, ho mille dubbi, perplessità, incognite, ma ho anche la curiosità, quella vince.
E il mio bilancio infine dice nero su bianco che non ho niente da perdere.

L'unico bagaglio
Che tu puoi portare
(Non è la cosa più facile)
L'unico bagaglio che puoi portare
È tutto quello che non riesci a lasciarti alle spalle

mercoledì 17 dicembre 2008

Chiari Di Luna

C'è questo modo di dire in Romagna, "ci sono dei chiari di luna che fan paura".
E' un modo di dire che significa crisi, grossa crisi.
Mea culpa la ricercata ignoranza nel non seguire i dogmi mediatici.
Me ne sono accorta comunque che c'è crisi e alla grande.
Mi sono sempre tenuta lontana, scrollando le spalle, dagli allarmismi sbandierati dai nostri meravigliosi sistemi di disinformazione.
Certo che quando ogni giorno, le notizie che senti, non dai giornali o dal video, sono sempre più scoraggianti, ti rendi sempre più mestamente conto che questo mondo sta andando a puttane...
Marcegaglia cassa integrazione, Merloni chiude, Fiat licenziamenti a migliaia, ferie forzate e part time ove possibile, non rinnovo dei contratti a termine, stasi dell'export...
Il quadro assume davvero tinte fosche.
Odio i ragionamenti e le considerazioni populiste, ma qua non c'è proprio da dormire sonni tranquilli.
Penso che fino a qualche mese fa, avrei visto le cose in un'ottica completamente cinerea e nefasta, ora anche se non ho di che cantar vittoria, riesco a superare queste giornate plumbee senza cedere alla disperazione.
E non perchè il cielo mi abbia miracolato o concesso la filosofia immensa degli stoici, ma perchè so che almeno qualcuno crede in me.
No probs. Grazie. Waiting for the sun.

domenica 14 dicembre 2008

Three Imaginary Bloggers

Una musica può fare.... a volte possono fare le parole, a volte le distanze non significano nulla. Quando avevo aperto questo blog, un anno e qualche mese orsono, non avrei mai immaginato che un blog potesse fare tanto. Conoscere per davvero persone splendide, darmi l'opportunità di imbarcarmi in avventure folli e bellissime, poter davvero condividere la mia vita con qualcun'altro. E invece è successo. L'amore per la mia verde isola, là mi ci ha riportato, con la mente e il cuore e il corpo. Una follìa pensano molti, un'improvvisata, una cosa che ho fatto d'istinto fiducia e passione, e così, da queste mie pagine deliranti, mi sono trovata un sabato sera di inizio dicembre a Malahide, appuntamento alla stazione, incamminarsi con un freddo glaciale, a mangiare cozze, bevendo birra col ghiaccio -orrore!- e a parlare di mille cose, saltando di palo in frasca, io, il mio Amico e compagno di viaggio Marco, e Carlotta. Vicini. Avvicinati. Era tutto così naturale... Tutto è possibile, basta crederci.

giovedì 11 dicembre 2008

Kind of magic

E' una specie di magia quella che la verde isola riesce a compiere ogni volta che ritorno. Una magia fatta di aria e vento e acqua e fuoco.
I quattro elementi, che si fondono con magistrale alchimia riempiendo cuore, corpo e anima.
E' una brezza leggera, che sa di mare e di favole, è un vento impetuoso che toglie il fiato, la potenza dell'oceano che riempie gli occhi, la vastità degli spazi che ti fa sentire piccola parte di questo universo a tinte alterne.
E' il fuoco di un camino che ti scalda e ti culla per farti dormire sonni sereni.
Sono parole, sguardi e sorrisi, racconti che ti avvicinano, abbracci che uniscono.
Da Malahide con il ghiaccio croccante sotto alle scarpe, con un sole invernale, brillante e lucido a Wexport, addobbata per Natale, anche se Natale non sembrava, luci e penombra, pioggia a dirotto e il calore conquistato di un the in una stanza con il parquet in legno dove i miei stivali risuonavano marziali e dopo invece il silenzio era l'unica opzione possibile.
The West, Fish & Chips e una terrina di lasagne in brodo, ore 21.00 il cappotto sulle ginocchia a riparare gli spifferi, inizio dell'era pensione.
Risveglio, la luce non arrivava mai, una Santa Lucia perenne.
Pioggia battente, il tempo di un paio di uova in diversa versione e si era sulla strada.
On the road.
Il Connemara, scrosci e arcobaleni, "somewhere, over the rainbow...."
C'erano gli U2 in sottofondo. Beautiful Day, ero stordita.
I colori della natura selvaggia più vivi che mai.
Acqua e colline, erba e cascate, pecore col muso nero e la Opel Astra Coupè da Bonny & Clyde che sfrecciava "come un Girardengo" tra curve e tornanti.
E il cielo d'Irlanda faceva quello che doveva fare.
Il cuore del Connemara, Letterfrack e ricordi sguaiati.
Clifden. Un vecchio che ti ferma per strada e ricorda i porti nostri.
Clifden e un pub caldo dove però pioveva sulle panche.
La Carlsberg come acqua fresca.
Scoprire che gli open side sandwich sono tartine, e il salmone era rosa e profumato.
Un Claddagh fatto a mano, con la pietra nel cuore azzurra.
Poi di nuovo la strada che ti viene incontro.
The Unforgettable Fire.
Roundstone, una sorta di terra promessa.
Mi struggevo, da tempo, all'idea che non avrei più visto quel posto, al pensiero che quel pub l'avrei voluto mostrare, così è stato.
Vetri appannati, i tavoli in legno e la baia con le sue barche. Ave Maria.
La strada reclamava.
Guidare e parlare, a volte tacere, "l'essenzie è invisibile agli occhi", i chilometri scorrevano dolcemente.
Il Burren al crepuscolo, il Faber cantava parole migliori di quelle che non so mai trovare al momento opportuno.
Doolin, una camera mansarda, accogliente e teporosa più della teutonica Guest.
L'O' Connors Pub, veri pescatori, che ti narrano le vicende del mare tra una pinta e l'altra.
Il beef in Guinness e un Code divino.
Scoprire che sono le 20,00 quando pensi siano passate ore, che l'Irlanda fa pure quella magia lì, quella di dilatare le ore liete.
Un corsa sotto la pioggia per trovare intimo riparo, addormentarsi con un respiro e il suono dell'oceano a fare da nènia.
Svegliarsi e scoprire, vedere quello che la notte aveva celato, il suono di un peschereccio che leva gli ormeggi e lo stridere dei gabbiani.
Avvicinarsi finalmente all'oceano, con la sua incontenibile forza.
Spazi misurati, cieli immensi, dominare con lo sguardo, mare, colline e vallate.
Comprare salmone in una vera Smokery, altro che le buste del supermercato.
Le Cliffs of Moher, le uniche che mancavano al mio appello.
Qualcosa che non dimenticherò mai, pura e commovente emozione.
Il vento fischiava e soffiava senza tregua, non mi reggevo in piedi, ero come una foglia, e un Amico spezzava il vento per me.
E la strada che chiamava ancora.
Bunratty Castle, da Durty Nelly, uno dei più vecchi pub d'Irlanda, la segatura per terra, panche vissute, una penombra a me cara, una pinta che mi ha rimesso al mondo, la mia inquietudine latente, che poi tanto latente non era, che per rare persone sono come un libro aperto
Le corse contro le tenebre incombenti, la luce che scemava pian piano e noi volevam vincere.
La Rock of Cashel all'imbrunire, imponente, stagliata contro un cielo che aveva il colore dell'ardesia, dall'alto del suo promontorio; e monelli che giocavano in maniche di camicia.
Code e work in progress interminabili, Waterford non arrivava mai.
Gli Irlandesi non sanno guidare, proprio no.
Dunmore East, un nome su un mappa: "where the river meets the sea" diceva John tra rocamboleschi messaggi e improbabili chiamate.
Arrivare al buio e seguire uno sgangherato furgone blu, su e giù per un posto sconosciuto.
Cena Italiana a casa di un irlandese (astemio!), un curioso ragazzone indecifrabile, una casa in costruzione sulla baia, un tavolo non apparecchiato, un bimbo che osservava due alieni.
Ragù alla bolognese e fiorentine bruciate, cercare di spiegare che cos'è il Panettone.
Il mio Inglese si era andato a far friggere, io e il mio socio si improvvisava alla meglio, a sentimento, in fin dei conti, l'importante è farsi capire no?
Che importa se la cassòla non lo so spiegare neanche in Italiano come si fa.
Pinta delle buonanotte, pub old style, mai fatto così tardi, erano ormai le 23.00.
Quella notte proprio non riuscivo a prendere sonno, non bastavano le parole, non i gesti, la malinconìa del rientro incombente, la paura di perdere qualcosa, io mi struggo a volte.
Finalmente/purtroppo il mattino, e vedere con il sole una baia stupenda e di giorno il posto dove abita John.
Chi cazzo ce lo fa fare questa vita densa di impegni e di minuti contati? John doveva solo portare a spasso i suoi cani sulle scogliere....
In discesa rapida verso Tramore, l'ultimo saluto all'oceno, immaginando passeggiate domenicali su una spiaggia sassosa.
Risalire, il groppo in gola, fingevo, tacevo, per non dare modo alle lacrime di uscire come un torrente.
Kilkenny colorata, Kilkenny freddissima, Kilkenny cambiata, Kilkenny uguale.
Due rosse pinte al Kiteler's Inn, una leggera ebrezza mi ha restituito un contegno.
Rinunciare a un ladrocinio chiedendo. Chiedere è metà dell'avere.
Il momento doni, il preludio al rientro, mai stata così sbrigativa, è più indolore.
On the road again.
Boicottaggio programmato per Dublin City il sabato pomeriggio, proprio non ce la si poteva fare.
Il ritorno dall'Olive, con una tazza di the caldo e un benvenuto sincero.
Cena a Malahyde. Tre gradi sotto. Slippery Road, era l'unica cosa che sapeva dire il nostro computer di bordo.
I pub il sabato sera sono il settimo girone dantesco.
Meglio un piatto di cozze alla crema di Pernod e osservare come in un esperimento sociologico il look della più o meno virgulta fauna locale.
Giunge il momento dei saluti, poche ore di sonno, deo gratia alla termocoperta per il ricovero delle stanche membra.
Lasciare il b&b alle lontanissime luci dell'alba.
Stordimento, completo, meglio così, non pensare, in modalità provvisoria.
Via l'auto (1100 km), fuori le valige, check in quasi clemente, imbarco onirico, senza nemmeno l'I-Pod.
Mi sono svegliata che c'era il sole che brillava sulle Alpi, e ho capito che la magìa scemava e il sogno finiva.
Ma come ho già scritto, la fine di un viaggio non è la fine di tutto.
Quando due anime sono vicine e si legano, legate rimangono.
Credo nella purezza dei sentimenti, credo che condividere qualcosa di così speciale ti unisca, credo in quello che penso e credo nella persona che ho avuto a fianco.
Il miglior Compagno di viaggio che potessi immaginare.
Irish Souls, questo lo sappiamo, è dato di fatto.
Together we stand, divided we fall.

lunedì 8 dicembre 2008

Dazed and Confused

(for so long it's not true....)
Tornata in Padania, ma non ancora nella mia "bassa" nebbiosa.
Ho voluto prolungare ancora un po'....
Ed ora è tutto così strano...
Pausa sigaretta, in terrazzo, in short e un sopra tuta della Brembatese, frescuccio fuori.
E' così bello vivere in una bolla di sapone, vorrei che non scoppiasse più...
Ma come diceva il buon Faber: "Come tutte le più belle cose, vivesti solo un giorno...come le rose..."

martedì 2 dicembre 2008

Time to go, isn't so?

And you know its time to go
Through the sleet and driving snow
Across the fields of morning
Light in the distance

And you hunger for the time
Time to heal, desire, time
And your earth moves beneath
Your own dream landscape
Oh, oh, oh...On borderland we run...
Ill be thereIll be there...

Tonight
A high roadA high road out from here
The city walls are all come down
The dust, a smoke screen all around
See faces ploughed like fields that once
Gave no resistance

And we live by the side of the road
On the side of a hill
As the valley explode
Dislocated, suffocated
The land grows weary of its own
Oh, oh, oh...on borderland we run...

And still we run
We run and dont look back
I'll be there
I'll be there
Tonight
Tonight
I'll be there tonight...

I believe
I'll be there...somehow
I'll be there...tonight
Tonight

The wind will crack in winter time
This bomb-blast lightning waltz
No spoken words, just a scream...
Tonight well build a bridge
Across the sea and land
See the sky, the burning rain
She will die and live again
Tonight

And your heart beats so slow
Through the rain and fallen snow
Across the fields of morning

Lights in the distance
Oh dont sorrow, no don't weep
For tonight, at last
I am coming home
I am coming home