mercoledì 31 dicembre 2008

Welcome to Padania (chapter II) - New year's Day

Mi immagino ora la canzone tra parentesi che dà il sottotitolo al mio blog. Appena sentita.
Io adoro quel film, ne adoro il finale, osservare la distruzione e il crollo da un punto di vista privilegiato, mano nella mano.
E vedo questa cosa poetica, dalla distruzione alla ricostruzione.
Mi piace essere qui e scrivere, a un quarto da mezzanotte.
Che si può pensare che sia triste, ad essere in casa sola, davanti al pc invece che in mezzo alle persone, come se fossi sola eternamente.
Io non sono sola, e ora su questo tavolo, con una candelina vicino (amo la compagnia di una candela) sono serena.
Sono abituata ad i Capodanni by myself, ma a questo giro ne sono lieta e serena.
Di uscire non ne avevo lo forze. Ho dormito fino alle 22 passate.
Cazzo cinque minuti a mezzanotte.
Devo tirare fuori il prosecco.
Brindo col mio blog, che mi ha portato tanto,
Potevo uscire, come no, ma sono paga.
Sono uscita a fumare una sigaretta in terrazzo.
Fuori NEVE che spettacolo. dormo due ore ed esce neve.
Quella sigaretta me la sono proprio fumata pensando a New Year's Day.
Un mondo in bianco e nero.
Chiaro limpido e cristallino.
Sono serena,
Ho deciso che fino alla Befana non faccio nulla.
Prendo coscienza del paese, imparo,
Poi sveglia Vale.
E qua io credo proprio che il lavoro lo trovo.
Ora mi verrebbe da ballare, Kate Nash
lei mi piace un mucchio.
La gente normale fa il cenone.
Io ho fatto il pranzone,
Che cosa bella. Anche assurda,
questa casa era vuota
no signs of life
Io credo che le case siano scatole, contenitori
Mi han dato carta bianca,
cazzo la voglio fare vivere una casa
se no è spreco.

Poco che sia, una casa io credo debba essere un rifugio.
In casa MIA l'ho sempre pensato e fatto.
Ora sono ospite.
Stamattina ho pulito. Proprio di impegno.
Poi il pranzo,
sono stata orgogliosa del successo del cibo Ronagnolo.
Le tartine erano oggettivamente buone,
il Salmone preso in una smokery si sente che è buona cosa.
I Cappelletti col MIO ragù, un po' mi pavoneggio.
In Romagna sappiam fare almeno quello, far da mangiare.
Domani vorrei andare a correre, cavolo chi non corre a Capodanno...
Buon anno a 360 gradi, a me e alle persone che ho ho care,
vicine e lontane.


martedì 30 dicembre 2008

Welcome to Padania (Chapter I)

E così Almost Done.
Armi e bagagli, ci si prova.
Sveglia ore cinque stamane, mica puntata, di non riuscire più a stare nel letto.
Di controllare cavolo, di aver preso tutto, di essere autonoma.
Quando ho dato uno sguardo veloce al bagaglio mi sono un attimo preoccupata, fortuna che il mio driver non era Jackie.
Cavolo ho un amico driver da competizione, che in 7 ore si riesce a fare 666 km (the number of the beast???) più calma pausa pranzo.
Ecco io della piatta Padana ho sempre visto solo il peggio, proprio la piatta grigia e uggiosa e umida.

Toh vai 200 km ed esce il sole. Faccio una mano di conti, eran due settimane che non vedevo il sole. Già un lusso.
Sulle autostrade mi incuriosisco e guardo fuori, taccio e assimilo.
Ho sprazzi di entusiasmo quando vedo ditte che conosco.
Cavolo tante, io facevo partire le navi, io mi emoziono con i containers gialli dell'Msc e nel riconoscere in capannoni o anonimi palazzi, persone con cui ho scambiato mail, telefonate.
Poi ti trovi in un paese mai visto, che c'è la Vecchia Osteria di Larry, e ti magni una Fiorentina da urlo, con le patatine tenere, e tre tipi di sale, manco lo sapevo che ci sono tutti questi tipi di sale, e di olio e osservi e assimili, (welcome in Padania con pranzo toscano!) magliette verdi e pelate, personaggi assurdi che sembrano usciti da un film anni 60 in cui il capitano della combriccola gioca a carte con il sigaro in bocca e l'anello d'oro al mignolo che pare Tinto Brass. Noi abbiamo Sèlene in Romagna.
Che strana cosa, ho due diverse voci dal coro, una che mi dice che parlo troppo, una che non dico niente.
Sono una via di mezzo, sono riflessiva.
Mi piace vedere e scoprire le cose.
Ecco io non sapevo che le Filande sono una cosa comune lungo gli argini dei fiumi Lombardi, che poi tutti questi fiumi fanno anche da confine, immaginario o reale.
Oglio. Adda. Mica ruscelli.
Quando sto zitta i casi sono due, o sono estremamente a disagio o sto assimilando. La seconda.
Io dico solo grazie.
Grazie in primis a chi non lo merita, ma ha permesso che tutto ciò accadesse.
Al mio Amico dico grazie e glielo dirò mille volte.
Anche se la tua concezione di 700 metri non è mica proprio satellitare! che ormai mi perdevo!!!Ma quello che occorreva all'uupo rimediato.
E allora mi dico e mi convinco proprio che il mondo è paese, basta volerlo, basta provarci, ma soprattutto crederci ed esserne convinti.
Non il lieto fine, ma la possibilità che ciò possa essere.
Che poi saprei come dirlo ma non scriverlo,
che dùman movè e chiùl....
non ha un verso.
Ma sto bene.
Buonanotte... (to be continued.......)

mercoledì 24 dicembre 2008

Assoluzione

A Natale siamo tutti più buoni.
Quest'anno non me la sono sentita di andare a Messa.
Non so perchè, un po' per la stanchezza, un po' perchè è freddo fuori, si bela, un po' forse perchè non ritengo di poter ricevere la comunione o esprimere un gesto di pace, quando dentro di me c'è uno Tsunami.
Al mondo voglio bene a poche persone, poche ma scelte, sentire il dolore che prova una persona che amo, amo al di là dell'amore inteso come innamoramento, amo perchè il mio migliore amico, di un sentimento inscindibile e a priori da ogni circostanza, sentire il suo dolore, quando si dovrebbe essere tutti almeno un po' sereni, almeno che non si lavora un paio di giorni.
Insomma sentire questo mi fa stare male, già di mio evito il Natale, oggi uscita dal lavoro sono dovuta ricorrere all'Iper, se i gironi danteschi si fermano a sette, io da Ravennate, custode delle sue ceneri, in onore suo ne apro un altro: gli Ipermercati la Vigilia.
Frenesia, gente impazzita, sorrisi falsi, perdere tempo, sentire discorsi (solo mentre pagavo, uso l'I-Pod a palla come anestesia, anche in queste circostanze) inutili, sui regali, che si devono fare.
A me piace fare regali, più che riceverne, ma comprare oggetti inutili che fanno figura o il tentativo di essere simpatici mi fanno tristezza.
Io non sopporto l'ipocrisia. Non sono capace di fingere, non sono diplomatica.
Non riesco a pensare che tutto andrà bene.
Non pessimismo, concretezza.
Ho ricevuto un paio di regali. Ci hanno preso a sto giro.
Total black. Mi sa che mi ci pavoneggerò.
Figo tutto nero.
Ma il regalo più bello, è stato non ricevera l'anatema parte seconda.
Sentirmi dire che sono grande abbastanza per le scelte che faccio, che se credo ci siano possibilità, provare, è stata l'unica cosa che mi ha sciolto i cuore.
Il mio babbo è "dottore". Laureato pieni voti, a Trento.
In sociologia. Mio babbo ha una bella testa.
Mio babbo mi ha insegnato a leggere, prima di andare a scuola, mio babbo mi ha cresciuto a Led Zeppelin, Pink Floyd e e De Andrè.
Mio babbo cantava stonato, "Canzone per una Amica" nelle gite domenicali.
Il mio babbo mi ha insegnato mille cose di cui faccio tesoro.
Non ho una famiglia felice, ma son fiera di mio PADRE.
Buon Natale!

martedì 23 dicembre 2008

Anatema

In genere, proprio di passare sereni Natali non me lo aspetto, l'inverno mi porta jella e le feste comandate, di lustrini e ipocrisia mi fanno venire la pelle d'oca.
Ogni volta, ogni singolo anno, da un bel pezzo a questa parte, spero nel nuovo anno, spero nel miglioramento, che le cose cambino, ma in realtà mi ritrovo sempre lì, a girare in tondo sullo stesso terreno consumato.
Non capisco, proprio non capisco, perchè non si possa concepire l'idea di provare, di tentare una strada diversa, di rischiare quando non si ha nulla da perdere.
Il lavoro non lo avrei mai lasciato, io le amo le Navi, ma se le navi sono vuote, io che non sono un comandante, ma un topino, abbandonerei il vascello prima di affondare...
La mia casina mi piace, ci sono affezionata, ma non è casa MIA, mie sono le cose che ci stanno dentro, miei sono i sentimenti che provo, miei sono gli attimi che ci ho vissuto, la mia casa è un semplice involucro, una scatola che mi contiene e contiene i miei ricordi.
La mia bionda testolina è sempre lei, che ogni notte ovunque si posa su un cuscino e cerca riposo, e cerca pace, ovunque e dovunque sia o possa essere.
Io sono io con la mia valigia di vestiti neri, il mio I-Pod, i miei quadernini e tutto quello che ho nel cuore.
Io sono, anche non sono qui in questo istante, anche se posso essere lontana, io sono.
Non è che spostandomi geograficamente cesserei di esistere.
Come non dimenticherei i miei affetti. Io lo so che le distanze non esistono e si possono annullare, credo che temere le distanze sia limitante, io sono io anche se non mi si vede fisicamente ogni giorno, io sono e continuo ad essere anche se non sono a portata di sguardo.
Almeno tu, Jackie, l'hai capito, grazie per non avermi dato della pazza.
Si cerca di fare un punto a volte, a volte lo esige il cuore, a volte il cervello (quello che ne rimane), a volte le circostante oggettive ci mettono la loro.
Andarsene un po', non vuol dire per forza fuggire, si può anche solo essere stanchi, di nebbia e grigiore, io ho il viaggio dentro, già tentato di esprimere come concetto; lo so, difficile da recepire.
Provare, a far qualcosa, senza sicurezze, è un azzardo io lo so, ma d'altronde io sicurezze ne ho sempre avute poche, forse forse, solo ora, sto riuscendo ad appropriarmi un minimo della mia autostima, della mia coscienza, delle mie speranze; ci provo.
Gli atti di accusa e le scomuniche mi feriscono profondamente, ma non posso tarparmi le ali e cedere ancora una volta a timori e paure.
Le sicurezze non esistono.
Io credo che sia meglio soccombere cercando di abbattere un muro, che rassegnarsi all'idea che il muro è lì e lo devi solo accettare.
E se credi che un muro lo puoi abbattere, puoi costruire un muretto, a misura tua, fatto di mattoncini che ti circondano senza soffocarti, che fanno ombra invece che oscurare, che proteggono invece di rinchiudere, che lasciano filtrare raggi di sole in quanto non sono cementati dall'ordinario, quanto invece sono legati dalla purezza delle proprie convinzioni e perchè no, utopie.
Come i muretti a secco in Irlanda, come la Gera forse.

sabato 20 dicembre 2008

Berghèm

Per quanto mi senta più profondamente legata all'Irlanda che alla mia terra natale, amo comunque l'Italia. E' un paese che ha mille sorprese, contrasti incredibili e scenari sempre nuovi da scoprire. In un lunedì di dicembre, ancora con il verde negli occhi e nel cuore mi sono trovata a Bergamo, e una giornata di sole, con il cielo terso mi ha accolto.
Amo fare queste cose, visitare città che non conosco da sola, io ho sempre il viaggio dentro, il concetto di viaggio come scoperta, sarà anche per quello che faccio partire le navi.
Mi piace camminare senza una meta precisa, andare dove mi portano i miei stivali e il mio I-Pod, vedere le cose da una prospettiva diversa, riempirmi gli occhi di case nuove, mi piacciono le città in salita, le salite di solito portano a qualcosa di bello, l'altezza come metafora e come topos.
Sedermi fuori da un caffè e guardare le persone che passano, e togliere per un attimo la musica, per ascoltare il suono delle voci della gente che vive in un posto diverso, quell'accento secondo me bellissimo e che il mio migliore amico mi accusava di avere acquisito, forse un po' sì, sono come una spugna io, assorbo, per osmosi.
Amo scattare foto, fermarmi un attimo e scrivere qualche pensiero sul mio quadernino.
Curiosare per i negozi, entrare in un forno, che secondo me i forni sono posti speciali, il pane è vita e tradizione, sentire profumi e sapori nuovi.
Sedermi by myself in una trattoria, sfogliare curiosa e affamata un menù ignoto ed invitante; una battilarda in legno di salumi, un bicchiere di vino, assaggiare i tanto decantati casonsèi (che il decanto proprio se lo meritano!) e chiudere il pasto in pace, in silenzio, osservando, gustando il profumo di una grappa locale.
Poi scendere, la discesa, un rientro, camminare su stradine acciottolate, mentre il sole dà il suo meglio prima di cedere il passo al crepuscolo.
"Mi innamoravo di tutto", diceva il Faber.




Go to ImageShack® to Create your own Slideshow

venerdì 19 dicembre 2008

Bilanci

Io a parlare di bilanci non sono pratica, io e l'aritmetica non siamo mai state troppo amiche.
Come l'economia mondiale però, anche io ora sono costretta a farli.
A farmi i conti in tasca faccio presto, in quattro e quattr'otto.
E una serie di contingenze mi dicono che è ora.
Di fare qualcosa, di darmi una mossa, non stare più a guardare la mia vita, aspettando che imbrocchi o imbocchi una direzione, una rotta più o meno logica.
Mi accorgo, o meglio, mi si è fatto accorgere che ho sempre le mascelle serrate, davvero, fisicamente, perchè sono sempre tesa e devo sempre tenere botta.
Quello si deve fare, è scontato, ma ora come ora, mi viene da dire che non ho più molto per tenerle così strette hic et nunc.
Ogni giorno che passa è qualcosa che mi avvicina alla fine, ed è sempre più pesante.
Sono stanca, non sono stanca di lottare, sono stanca di trovarmi sempre al punto di partenza.
E io ormai quella fine la desidero, la pretendo anzi.
Non è un pensiero disperato, tutt'altro.
"La vertigine non è, paura di cadere, ma voglia di volare".
Voglio un nuovo inizio, che non vuol dire cancellare il passato, che non significa rinnegare le mie radici, che hanno fatto di me la strana persona che sono.
Voglio darmi la possibilità di essere vera.
Ovunque e dovunque e comunque.
E il mio bilancio, sempre al limite, con quell'ago che pende sempre pericolosamente verso il basso, mi intima di lasciare dietro.
"E' meglio un salto nel vuoto che un buco sotto ai piedi", mi è stato detto.
Ci ho riflettuto, tanto, ci continuo a pensare, sempre.
Sono spaventata, ho mille dubbi, perplessità, incognite, ma ho anche la curiosità, quella vince.
E il mio bilancio infine dice nero su bianco che non ho niente da perdere.

L'unico bagaglio
Che tu puoi portare
(Non è la cosa più facile)
L'unico bagaglio che puoi portare
È tutto quello che non riesci a lasciarti alle spalle

mercoledì 17 dicembre 2008

Chiari Di Luna

C'è questo modo di dire in Romagna, "ci sono dei chiari di luna che fan paura".
E' un modo di dire che significa crisi, grossa crisi.
Mea culpa la ricercata ignoranza nel non seguire i dogmi mediatici.
Me ne sono accorta comunque che c'è crisi e alla grande.
Mi sono sempre tenuta lontana, scrollando le spalle, dagli allarmismi sbandierati dai nostri meravigliosi sistemi di disinformazione.
Certo che quando ogni giorno, le notizie che senti, non dai giornali o dal video, sono sempre più scoraggianti, ti rendi sempre più mestamente conto che questo mondo sta andando a puttane...
Marcegaglia cassa integrazione, Merloni chiude, Fiat licenziamenti a migliaia, ferie forzate e part time ove possibile, non rinnovo dei contratti a termine, stasi dell'export...
Il quadro assume davvero tinte fosche.
Odio i ragionamenti e le considerazioni populiste, ma qua non c'è proprio da dormire sonni tranquilli.
Penso che fino a qualche mese fa, avrei visto le cose in un'ottica completamente cinerea e nefasta, ora anche se non ho di che cantar vittoria, riesco a superare queste giornate plumbee senza cedere alla disperazione.
E non perchè il cielo mi abbia miracolato o concesso la filosofia immensa degli stoici, ma perchè so che almeno qualcuno crede in me.
No probs. Grazie. Waiting for the sun.

domenica 14 dicembre 2008

Three Imaginary Bloggers

Una musica può fare.... a volte possono fare le parole, a volte le distanze non significano nulla. Quando avevo aperto questo blog, un anno e qualche mese orsono, non avrei mai immaginato che un blog potesse fare tanto. Conoscere per davvero persone splendide, darmi l'opportunità di imbarcarmi in avventure folli e bellissime, poter davvero condividere la mia vita con qualcun'altro. E invece è successo. L'amore per la mia verde isola, là mi ci ha riportato, con la mente e il cuore e il corpo. Una follìa pensano molti, un'improvvisata, una cosa che ho fatto d'istinto fiducia e passione, e così, da queste mie pagine deliranti, mi sono trovata un sabato sera di inizio dicembre a Malahide, appuntamento alla stazione, incamminarsi con un freddo glaciale, a mangiare cozze, bevendo birra col ghiaccio -orrore!- e a parlare di mille cose, saltando di palo in frasca, io, il mio Amico e compagno di viaggio Marco, e Carlotta. Vicini. Avvicinati. Era tutto così naturale... Tutto è possibile, basta crederci.

giovedì 11 dicembre 2008

Kind of magic

E' una specie di magia quella che la verde isola riesce a compiere ogni volta che ritorno. Una magia fatta di aria e vento e acqua e fuoco.
I quattro elementi, che si fondono con magistrale alchimia riempiendo cuore, corpo e anima.
E' una brezza leggera, che sa di mare e di favole, è un vento impetuoso che toglie il fiato, la potenza dell'oceano che riempie gli occhi, la vastità degli spazi che ti fa sentire piccola parte di questo universo a tinte alterne.
E' il fuoco di un camino che ti scalda e ti culla per farti dormire sonni sereni.
Sono parole, sguardi e sorrisi, racconti che ti avvicinano, abbracci che uniscono.
Da Malahide con il ghiaccio croccante sotto alle scarpe, con un sole invernale, brillante e lucido a Wexport, addobbata per Natale, anche se Natale non sembrava, luci e penombra, pioggia a dirotto e il calore conquistato di un the in una stanza con il parquet in legno dove i miei stivali risuonavano marziali e dopo invece il silenzio era l'unica opzione possibile.
The West, Fish & Chips e una terrina di lasagne in brodo, ore 21.00 il cappotto sulle ginocchia a riparare gli spifferi, inizio dell'era pensione.
Risveglio, la luce non arrivava mai, una Santa Lucia perenne.
Pioggia battente, il tempo di un paio di uova in diversa versione e si era sulla strada.
On the road.
Il Connemara, scrosci e arcobaleni, "somewhere, over the rainbow...."
C'erano gli U2 in sottofondo. Beautiful Day, ero stordita.
I colori della natura selvaggia più vivi che mai.
Acqua e colline, erba e cascate, pecore col muso nero e la Opel Astra Coupè da Bonny & Clyde che sfrecciava "come un Girardengo" tra curve e tornanti.
E il cielo d'Irlanda faceva quello che doveva fare.
Il cuore del Connemara, Letterfrack e ricordi sguaiati.
Clifden. Un vecchio che ti ferma per strada e ricorda i porti nostri.
Clifden e un pub caldo dove però pioveva sulle panche.
La Carlsberg come acqua fresca.
Scoprire che gli open side sandwich sono tartine, e il salmone era rosa e profumato.
Un Claddagh fatto a mano, con la pietra nel cuore azzurra.
Poi di nuovo la strada che ti viene incontro.
The Unforgettable Fire.
Roundstone, una sorta di terra promessa.
Mi struggevo, da tempo, all'idea che non avrei più visto quel posto, al pensiero che quel pub l'avrei voluto mostrare, così è stato.
Vetri appannati, i tavoli in legno e la baia con le sue barche. Ave Maria.
La strada reclamava.
Guidare e parlare, a volte tacere, "l'essenzie è invisibile agli occhi", i chilometri scorrevano dolcemente.
Il Burren al crepuscolo, il Faber cantava parole migliori di quelle che non so mai trovare al momento opportuno.
Doolin, una camera mansarda, accogliente e teporosa più della teutonica Guest.
L'O' Connors Pub, veri pescatori, che ti narrano le vicende del mare tra una pinta e l'altra.
Il beef in Guinness e un Code divino.
Scoprire che sono le 20,00 quando pensi siano passate ore, che l'Irlanda fa pure quella magia lì, quella di dilatare le ore liete.
Un corsa sotto la pioggia per trovare intimo riparo, addormentarsi con un respiro e il suono dell'oceano a fare da nènia.
Svegliarsi e scoprire, vedere quello che la notte aveva celato, il suono di un peschereccio che leva gli ormeggi e lo stridere dei gabbiani.
Avvicinarsi finalmente all'oceano, con la sua incontenibile forza.
Spazi misurati, cieli immensi, dominare con lo sguardo, mare, colline e vallate.
Comprare salmone in una vera Smokery, altro che le buste del supermercato.
Le Cliffs of Moher, le uniche che mancavano al mio appello.
Qualcosa che non dimenticherò mai, pura e commovente emozione.
Il vento fischiava e soffiava senza tregua, non mi reggevo in piedi, ero come una foglia, e un Amico spezzava il vento per me.
E la strada che chiamava ancora.
Bunratty Castle, da Durty Nelly, uno dei più vecchi pub d'Irlanda, la segatura per terra, panche vissute, una penombra a me cara, una pinta che mi ha rimesso al mondo, la mia inquietudine latente, che poi tanto latente non era, che per rare persone sono come un libro aperto
Le corse contro le tenebre incombenti, la luce che scemava pian piano e noi volevam vincere.
La Rock of Cashel all'imbrunire, imponente, stagliata contro un cielo che aveva il colore dell'ardesia, dall'alto del suo promontorio; e monelli che giocavano in maniche di camicia.
Code e work in progress interminabili, Waterford non arrivava mai.
Gli Irlandesi non sanno guidare, proprio no.
Dunmore East, un nome su un mappa: "where the river meets the sea" diceva John tra rocamboleschi messaggi e improbabili chiamate.
Arrivare al buio e seguire uno sgangherato furgone blu, su e giù per un posto sconosciuto.
Cena Italiana a casa di un irlandese (astemio!), un curioso ragazzone indecifrabile, una casa in costruzione sulla baia, un tavolo non apparecchiato, un bimbo che osservava due alieni.
Ragù alla bolognese e fiorentine bruciate, cercare di spiegare che cos'è il Panettone.
Il mio Inglese si era andato a far friggere, io e il mio socio si improvvisava alla meglio, a sentimento, in fin dei conti, l'importante è farsi capire no?
Che importa se la cassòla non lo so spiegare neanche in Italiano come si fa.
Pinta delle buonanotte, pub old style, mai fatto così tardi, erano ormai le 23.00.
Quella notte proprio non riuscivo a prendere sonno, non bastavano le parole, non i gesti, la malinconìa del rientro incombente, la paura di perdere qualcosa, io mi struggo a volte.
Finalmente/purtroppo il mattino, e vedere con il sole una baia stupenda e di giorno il posto dove abita John.
Chi cazzo ce lo fa fare questa vita densa di impegni e di minuti contati? John doveva solo portare a spasso i suoi cani sulle scogliere....
In discesa rapida verso Tramore, l'ultimo saluto all'oceno, immaginando passeggiate domenicali su una spiaggia sassosa.
Risalire, il groppo in gola, fingevo, tacevo, per non dare modo alle lacrime di uscire come un torrente.
Kilkenny colorata, Kilkenny freddissima, Kilkenny cambiata, Kilkenny uguale.
Due rosse pinte al Kiteler's Inn, una leggera ebrezza mi ha restituito un contegno.
Rinunciare a un ladrocinio chiedendo. Chiedere è metà dell'avere.
Il momento doni, il preludio al rientro, mai stata così sbrigativa, è più indolore.
On the road again.
Boicottaggio programmato per Dublin City il sabato pomeriggio, proprio non ce la si poteva fare.
Il ritorno dall'Olive, con una tazza di the caldo e un benvenuto sincero.
Cena a Malahyde. Tre gradi sotto. Slippery Road, era l'unica cosa che sapeva dire il nostro computer di bordo.
I pub il sabato sera sono il settimo girone dantesco.
Meglio un piatto di cozze alla crema di Pernod e osservare come in un esperimento sociologico il look della più o meno virgulta fauna locale.
Giunge il momento dei saluti, poche ore di sonno, deo gratia alla termocoperta per il ricovero delle stanche membra.
Lasciare il b&b alle lontanissime luci dell'alba.
Stordimento, completo, meglio così, non pensare, in modalità provvisoria.
Via l'auto (1100 km), fuori le valige, check in quasi clemente, imbarco onirico, senza nemmeno l'I-Pod.
Mi sono svegliata che c'era il sole che brillava sulle Alpi, e ho capito che la magìa scemava e il sogno finiva.
Ma come ho già scritto, la fine di un viaggio non è la fine di tutto.
Quando due anime sono vicine e si legano, legate rimangono.
Credo nella purezza dei sentimenti, credo che condividere qualcosa di così speciale ti unisca, credo in quello che penso e credo nella persona che ho avuto a fianco.
Il miglior Compagno di viaggio che potessi immaginare.
Irish Souls, questo lo sappiamo, è dato di fatto.
Together we stand, divided we fall.

lunedì 8 dicembre 2008

Dazed and Confused

(for so long it's not true....)
Tornata in Padania, ma non ancora nella mia "bassa" nebbiosa.
Ho voluto prolungare ancora un po'....
Ed ora è tutto così strano...
Pausa sigaretta, in terrazzo, in short e un sopra tuta della Brembatese, frescuccio fuori.
E' così bello vivere in una bolla di sapone, vorrei che non scoppiasse più...
Ma come diceva il buon Faber: "Come tutte le più belle cose, vivesti solo un giorno...come le rose..."

martedì 2 dicembre 2008

Time to go, isn't so?

And you know its time to go
Through the sleet and driving snow
Across the fields of morning
Light in the distance

And you hunger for the time
Time to heal, desire, time
And your earth moves beneath
Your own dream landscape
Oh, oh, oh...On borderland we run...
Ill be thereIll be there...

Tonight
A high roadA high road out from here
The city walls are all come down
The dust, a smoke screen all around
See faces ploughed like fields that once
Gave no resistance

And we live by the side of the road
On the side of a hill
As the valley explode
Dislocated, suffocated
The land grows weary of its own
Oh, oh, oh...on borderland we run...

And still we run
We run and dont look back
I'll be there
I'll be there
Tonight
Tonight
I'll be there tonight...

I believe
I'll be there...somehow
I'll be there...tonight
Tonight

The wind will crack in winter time
This bomb-blast lightning waltz
No spoken words, just a scream...
Tonight well build a bridge
Across the sea and land
See the sky, the burning rain
She will die and live again
Tonight

And your heart beats so slow
Through the rain and fallen snow
Across the fields of morning

Lights in the distance
Oh dont sorrow, no don't weep
For tonight, at last
I am coming home
I am coming home

venerdì 28 novembre 2008

Switch Off!

Spento. Ho finalmente spento l'interruttore. No stress, no Navi, ne ho fatte partire due in tre giorni, compito immane.
La mia schiena e la cervicale mi si sono accanite contro.
Questo tempo mi consuma, sia quello metereologico che quello che non passa ancora,
ma adesso ho un po' di tempo per me.

Stacco la spina, e le uniche cose a cui voglio pensare son cose belle.
Tregua.
Ne ho bisogno, ne ho tutti i diritti.

martedì 25 novembre 2008

Di quando il tempo non passa.

Di quando ti alzi al mattino e fuori trovi la neve, e la tua unica preoccupazione è riportare a casa il cane part-time e dispiacerti che non potrà più godere del tepore del tuo divano.
Di quando metterci 20 minuti a fare 6 km in scooter a passo d'uomo sotto il nevischio non te ne frega nulla.
Di quando ti rendi conto quanto sia superficiale e inutile quello che ti circonda, quando vuoi solo tornare a Casa.
Di quando aspetti, aspetti, e i giorni son secoli...
Di quando ogni giorno è comunque un altro mattone sul muro, che non è un muro opprimente come quello di Berlino, ma come quei muretti a secco che delimitano i confini dei pascoli della mia Terra amata, che non serve il cemento, perchè il sogno e le sintonìe sono un collante più forte.
Di quando le parole sono importanti, perchè escono da sole, passando da anima e a voce senza il filtro del cervello.
Di quando ogni nota o scampolo di cielo ti riporta là e ti accorgi che hai sbagliato strada perchè la testa era altrove.
Di quando scopri che la lontananza è vicina e non importano le distanze, perchè poi non lo sono poi molto dal cuore (mia la traduzione/interpretazione, di altri le liriche).

Forever trust in who we are...and nothing else matters!

domenica 23 novembre 2008

Cinema Domenicale

Da un mesetto a questo parte la sottoscritta ha iniziato una privata rassegna cinematografica domenicale, incentrata ovviamente sul tema Irlanda, come sottotitolo potrei aggiungere Irlanda e Allegria. Film che ti danno una scossa, che ti fanno riflettere e arrabbiare, suscitano compassione e infamia, verso la nostra buona religione cattolica e i suoi strumenti terreni.
Il film che ho appena visto si chiama Magdalene, è ambientato in Irlanda, ed è frutto di storie vere, nonostante ami incodizionatamente la Verde Isola, quello che il papismo ha fatto lì, e quello è solo un esempio, mi fa vomitare, eppure son cattolica.

"Essere chiamate Magdalene's girl fino a pochi anni fa, tra Irlanda e Inghilterra, non era certo un complimento.
Il termine indicava le «cattive ragazze», quelle che avevano dirottato dalla retta via.
Peccati quasi sempre legati al sesso: figli nati fuori dal matrimonio, stupri spesso dentro le mura domestiche, ma anche un’eccessiva avvenenza fisica, indizio sicuro di pericoli morali in vista. Abbastanza per bollarle a vita, farle cacciar di casa, e farle chiudere in un «Magdalene», rifugi per donne che, trasferendo la metafora nella realtà, avevano scelto il lavare panni altrui quale mezzo di redenzione.
Da qui il titolo del film dello scozzese Peter Mullan. A fine anni Sessanta in Gran Bretagna ne esistevano ancora una cinquantina, circa la metà nel sud Irlanda.
Dentro quelle mura sono passate circa 30 mila donne, molte vi sono rimaste fino alla morte.
Trattate come prigioniere, senza poter mai uscire, seviziate e umiliate nel corpo e nell'anima.
Mai pagate un cent per un lavoro massacrante, fonte invece di buoni incassi per le religiose.
L'ultima "lavanderia Magdalene" è stata chiusa nel 1996. A determinarne la fine, più che un'illuminazione dall'alto è stata l'invenzione e la diffusione della lavatrice, che ha vanificato quel lavoro artigianale".

sabato 22 novembre 2008

L'armadio dei ricordi

Per il mio compleanno il mio migliore amico e un'altra persona che ha poi deciso non volere più esserlo, mi hanno regalato questa cosa qua.
Credo che la funzione fosse porta cd o dvd, vista la misura dei suoi vani e scomparti, ma siccome i cd e dvd non li riesco a tenere rinchiusi, perchè li voglio avere a portata di mano e a vista, e quest'oggetto è così bello per poter essere relegato solo a "porta cd"; quando gli ho trovato collocazione e sono arrivata al punto di decidere cosa metterci dentro (e dire che di cose ne ho io eh, ho ad esempio un'intera anta di un armadio "dei ricordi"); avevo pensato che ci avrei potuto mettere qualcosa di quegli oggetti lì, ma poi ho trovato un'idea più allettante, cominciare da zero e riempirlo solo di cose nuove, belle e importanti.
Per il momento, l'unica cosa che contiene il mio Nuovo armadio dei ricordi è una custodia con dentro una Sterlina Irlandese fuori corso, che mi ha regalato una persona a me molto cara, come si suol dire Good Luck, Irish Luck, io dico che è un degno principio...

martedì 18 novembre 2008

E non c'è niente da capire

Ultimo pensiero che mi passa per la testa, prima di ritirarmi nei miei appartamenti, altre parole non servono.


If you twist and turn away
If you tear yourself in two again
If I could, yes I would
If I could, I would
Let it goSurrender
Dislocate

If I could throw this
Lifeless lifeline to the wind
Leave this heart of clay
See you walk, walk away
Into the night
And through the rain
Into the half-light
And through the flame

If I could through myself
Set your spirit free
I'd lead your heart away
See you break, break away
Into the lightAnd to the day
Oooh oooh, oooh oooh, oooh oooh oooh...

To let it go! And so to fade away
To let it go!And so fade away
I'm wide awake

I'm wide awake
Wide awake
I'm not sleeping, oh no, no, no

If you should ask then maybe they'd
Tell you what I would say
True colors fly in blue and black
Blue silken sky and burning flag
Colors crash, collide in blood shot eyes
Oooh oooh, oooh oooh, oooh oooh oooh...

If I could, you know I would
If I could, I would
Let it go
This desparation
Dislocation
Separation
Condemnation
Revelation
In temptation
Isolation
Desolation
Let it go
And so fade away
To let it go, oh yeah
And so fade away
To let it go, oh No
And so to fade away
I'm wide awake
I'm wide awake
Wide awake
I'm not sleeping oh no no

lunedì 17 novembre 2008

Hiraeth - Mi Manca...

The hands are there for friendship,
the Heart is there for love.
For loyalty throughout the year,the crown is raised above


Mi manca quella terra
Mi manca il profumo di torba
Mi manca l'urlo degli albatros che sfidano le correnti ascensionali
Mi manca l'arcobaleno dopo la pioggia
Mi manca la sensazione di sentirmi a casa
Mi manca il verde luccicante dell'erba coperta di rugiada
Mi manca il luogo dove posso ancora sognare
Mi manca scaldare le mie stanche ossa vicino ad un camino
Mi manca il Laphroaig che prima ti brucia la gola e poi ti scalda dentro
Mi mancano le scale strettissime per raggiungere una camera
Mi manca l'odore di cibo che impregna la tappezzeria e che fa vissuta una casa
Mi manca l'ozioso conforto e sicurezza di un pub
Mi manca quella spensieratezza
Mi manca farer la passeggera al posto di guida
Mi mancano i bambini con le lentiggini che vanno a scuola con la loro uniforme
Mi mancano le pecorelle col muso nero
Mi mancano le country roads con i muretti a secco
Mi mancano le "soup of the day"
Mi manca la prima boccata d'aria e la scritta Bailè Atha Cliath
Mi manca il vento sferzante
Mi mancano le scogliere
Mi manca il tumulto dell'Oceano
Mi mancano quei sorrisi limpidi che solo gli Irlandesi sanno donare
Mi manca addormentarmi di sana stanchezza sotto coltri di coperte
Mi manca la Vera Guinness
Mi mancano i cimiteri di campagna con le croci celtiche
Mi manca l'idea del "domani vediamo", l'improvvisazione
Mi mancano i minimarket con 50 tipi di chips
Mi mancava non poter condividere tutto ciò
Mi manca la pace che solo là raggiungo.

domenica 16 novembre 2008

Felice chi è diverso
essendo egli diverso.
Ma guai a chi è diverso
essendo egli comune.

(Sandro Penna)

Sunday Sunday...

Sunday, Sunday here again in tidy attire
You read the colour supplement, the TV guide
You dream of protein on a plate
Regret you left it quite so late
To gather the family around the table
To eat and then to sleep
Oh, the Sunday sleep

Sunday, Sunday here again a walk in the park
You meet an old soldier and talk of the past
He fought for us in two world wars and
The England he knew is no more
He sings the Songs of Praise but always falls asleep
For that Sunday sleep
But he knows what he knows
Sunday, Sunday
Oh, that Sunday sleep...

Sunday, Sunday here again in tidy attire
You read the colour supplement, the TV guide
You dream of protein on a plate, regret you left it quite so late
You gather the family around the table to eat enough to sleep
And Mother's Pride is your epithet
That extra slice you'll soon regret
So going out is your best bet, then bingo yourself to sleep
Oh that Sunday sleep....

Ed è ancora domenica, come sempre, qua by myself, senza nulla da fare, apatica e nostalgica.
Non so neanche io di cosa.
E mentre diniego la proposta di una mostra di Bonsai, scovo una busta di pizzoccheri valtellinesi e mi rileggo con calma ogni singolo post di una persona e me cara,
tutti quello che mi ero persa, e sorrido tra me e me quando vedo che in un momento diverso ha postato le stesse canzoni che ho postato io,
poesie che sento mie,
e mi conforta leggere quanto bene ci si intenda
e mi viene dispiacere nel leggere dei suoi momenti bui,
che sarei voluta esserci, come lui c'è ora per me,
leggo i suoi diarii di viaggio e faccio tra me e me la faccetta Skype,
quella che annuisce, che comprendo...e mi mi dico cazzo lì ci sono stata pure io, anche lì!
E mi dispiace constatare che le persone migliori, quelle più vere, limpide e sincere sono spesso quelle più sole.
Non lo ritengo giusto, ma d'altronde non viviamo in un'epoca meritocratica.
Fortuna che sometimes il destino non è sempre avverso e nei suoi percorsi sconosciuti fa incontrare le anime simili.
Un abbraccio lungo 333.

Approvo e sottoscrivo

Qualche tempo fa, non molto, mi sono lanciata con un post sulla TEC.
Ovvio, nessuno mi ha degnato di un commento.
Ma a me, la psichiatria, la sua storia e il sua storia e i metodi attuali, mi stanno a cuore,
Per mie ragioni e per altri.
Grazie Cybermaster per l'illuminazione.
Ne parlerò ancora e ancora.

sabato 15 novembre 2008

Findus & il cane part time

Come dicevo a Sarah, cane part-time.
Io non ho un cane, o meglio ne avevo una, ma per una sfortunata serie di contingenze non l'ho più potuta tenere e ora è diventata la cagnolina di una coppia di miei amici, sta meglio con loro che con me, hanno spazio, hanno bambini.
Io adoro i cani, se potessi, se avessi una casa più grande e le mie finanze non fossero così ballerine, ne avrei almeno due. Mi manca non avere un cane.
Ritengo che gli animali siano essere superiori, incapaci di tradire il tuo affetto e la tua fiducia, in grado di trasmetterti amore e devozione assolute, le persone non fanno altrettanto.
Allora niente, ci sono i miei vicini, una coppia di ragazzi giovanissimi, che stanno proprio dietro di me, stessa casa, i nostri appartamenti sono attaccati e hanno questo cagnolino, che ha tipo 6 mesi, Milo si chiama, è una creaturina agitatissima e affettuosa e ha delle orecchie che pare un cojote. Prima lo tenevano sempre in casa, poi gli è nata la bambina, e visto che lo spazio è già poco per tre, e Ginevra è neonata, lo tengono in giardino, ha spazio, ha la sua cuccia bella isolata e tutto, solo che Milo ne risente e sta sempre fuori a piangere e scodinzolare.
Io quando tornavo a casa la sera, mi fermavo sempre per una carezza o due paroline dolci...
Poi una domenica sera particolarmente uggiosa dentro e fuori, lo sentivo uggiolare e pensavo tra me e me quanto mi sarebbe piaciuto avere un cane vicino che mi facesse compagnia e a cui dare un po' d'affetto.
Allora, io che sono suonata, sono uscita, ho suonato da loro e gli ho chiesto se gli dava noia se mi portavo per un po' il loro cane a casa per giocare, loro erano solo contenti.
Quindi ora, quando sono un po' triste e ho bisogno di compagnia esco, lo tiro su dal cancello e lo porto nella mia maison per un po', gli ho regalato pure uno dei miei peluche maialino per giocare, gli faccio le coccole, facciamo un po' la lotta (è piccolino, ma è un esserino scalmanato come pochi!), gli allungo qualcosa da smangiucchiare, che i quadrupedi gradiscono sempre, e poi lo riporto a casa sua.
E dopo questi incontri mi rimane sempre un sorriso e un po' di serenità.
P.S. Le foto insomma, sono un po' così, ma è una gara ardua riuscire a tenere fermo Milo!


venerdì 14 novembre 2008

The Refugee

In the morning,
She is waiting,
Waiting for the ship to sail,
Sail away.
Help me.

How can you help me?
In the evening,
She is waiting,
Waiting for her man to come.
And take her by her hand.
And take her to this promise land.

Il rifugiato, questo titolo mi è balenato in testa appena arrivata a casa. Che dopo la mia settimana lavorativa e inquietudini varie, mi ero organizzata per weekend letargo.
Avevo fatto provviste: birre, surgelati, le pizzette buonissime del forno di Classe che ho scoperto per caso, sigarette, film per domani o domenica -a tema- in download fin dalla mattinata, Gatorade, Acqua Rocchetta, un sacchetto di patatine (stravizio che non mi concedo mai, ma sometimes ci può stare), libri sul letto, prenotazione cagnolina part time....
Tutto in ordine a casa, nessuna incombenza lasciata per il weekend, che per me è sacro.
E ho finalmente preso il respiro, che io ho sempre il fiatone perchè sono in eterna corsa, anche quando non ho le mie Nike argento ai piedi, sempre di corsa, sempre, che mi manca il fiato davvero a volte.
...
Pausa la cagnolina e io ci siamo intrattenute per un po'.
Mi piacciono i cani, mi piace avere un cucciolo scalmanato che gioca e scodinzola, a cui dare cosine da mangiare. Mi piace abbracciare un cane, appoggiargli il mento sulla testa e cullarlo e sentire che il battito del suo cuore rallenta perchè si è calmato.

Sono una rifugiata, ho bisogno di rifugi, plurali, uno solo non mi basta.
Ho necessità di cose rassicuranti. La mia casina lo è, è pregna di me e di ciò che sono, ma non mi basta.
Ho bisogno di condividere, di dare.
Non ho bisogno di uscire a forza per uscire dai miei vuoti interiori, ho bisogno che esca da me la luce.
Ho anche bisogno della mia testarda solitudine, che pare un controsenso, ho bisogno di essere io a 360° e mi rendo conto che ora come ora, sono un decimo, a dir tanto, di quello che sarei che sono.
Ho bisogno di parlare. Tanto. Che mi si ascolti e si controbatta.
In questo periodo non posso contare sul mio migliore amico, che pure lui sta, sta e punto.
E sono logorroica io, perchè avrei tanto da dire e vorrei che i miei pensieri e le mie emozioni non rimbalzassero sui muri per reicontrare solo me.

Credo di avere trovato una persona, che mi è affine in tutto ciò, ma ho paura, ho paura che i miei non sorrisi e i miei stati d'animo contorti facciano scappare, ho paura di affezionarmi alle persone, perchè per come sono io è come sparae sulla croce rossa: mani alzate e fazzoletto bianco.

E l'aver intentato/intitolato il post The Refugee, all'inizio mi pareva solo un titolo che andava, poi, mea culpa, non conosco proprio proprio tutti i testi degli U2, e mi sono trovata a fissare un testo che è lo specchio di ciò che sono io ora.
Destino? Anima?

martedì 11 novembre 2008

Money

Money, it's a crime.
Share it fairly but dont take a slice of my pie.
Money, so they say
Is the root of all evil today.
But if you ask for a raise its no surprise that they're
Giving none away.


I soldi non fanno la felicità, ce ne sono prove ovunque. Ne ho parlato a lungo ieri con un Amico. Però, partendo dall'assioma che il vil denaro non è assicurazione di serenità; ne consuege che l'assenza dello stesso è causa stesso di infelicità.
Non parlo di sperperare, non parlo di cose superflue per soddisfare il proprio ego con oggetti materiali.
Parlo di sopravvivenza, mera e pura.
Mi fa tristezza pensare a quante persone vanno a convivere perchè da sole non riescono ad andare avanti, ma la realtà, l'oggettività delle cose ti fa i conti in tasca.
Affitto, per avere un tetto sopra la testa: 450 euro.
Bollette perchè non ti stacchino la luce o l'acqua calda: 180 euro.
Spesa, ci si contiene, si sfruttano un po' i buoni pasto, ma un 120 euro ci sono.
Guai ammalarsi, il SSN nazionale è una vergogna, le visite private sono inarrivabili.
Prima mi ha chiamato il dentista, ho a mezzo un lavoro da giugno, continuo a rimandare gli appuntamenti con ogni scusa plausibile e non, solo che anche 238 euro sto mese non ci stavano.
Toh mi è arrivata pure la bimestrale di internet, è da pagare, è R.I.D. in banca, non la posso evitare.
Oooppss al 7 pure l'addebito carta di credito: 80 euro.
Per tutto il resto NON C'E' Mastercard.
Con questi presupposti, quando come cantava il buon vecchio Battisti "al 21 del mese i nostri soldi erano già finiti"
Sì se ti va di lusso al 21.
Con queste basi, come si fa ad essere sereni e non incupirsi?
Eterna precarietà e salti mortali per barcamenarsi in maniera dignitosamente possibile.
Come andremo a finire?
Non a caso ansiolitici ed antidepressivi sono i farmaci più venduti.
Non a caso internet e le chat e i blog sono ormai la forma più reale di comunicazione.
La gente sta in casa perchè è stanca, questo sistema ti logora, e uscire costa.
Se prima dell'Euro una pinta e una pizza spendevi 12.000 lire, ora spendi 16 euro minimo, solo che gli stipendi non si sono magicamente trasformati ed adeguati.
Quando avevo 25 anni e prendevo 1.200.000 lire stavo meglio di adesso con 1100,00 euro.
Se sono sciroccata e ho dei problemi non è perchè sono nata pazza, non c'è bisogno di una camera di specchi che mi mostri le mie debolezze; vorrei solo un po' di equilibrio, che di questi tempi è una merce rara, forse è più facile trovare la pietra filosofale.
La Vale si mangia un crescione e poi va a nanna, almeno dormire è quasi gratis.

lunedì 10 novembre 2008

(di solito) odio i lunedì

Al mio precedente post per il momento rinuncio. E dire che m'era venuto bene. Poi si sono incasinate le foto, ci ho lavorato tre ore alle foto, ma poi ora non funzia il testo. Le mie conoscenze html sono esigue e limitate, per cui per ora lascio perdere. Lo metterò a posto poi.
Di lunedì; è sempre una crisi, ricomincia il lavoro, puntualmente mi accade una sfiga non preventivata, questo non ha fatto eccezione, apro il blog e vedo che il mio post di ieri non si può vedere, non è che fossi sotto sostanze stupefacenti quando l'ho pubblicato, si è incasinato nel frattempo. E Va beh. Il cellulare stamane, ricevo un paio di messaggi e una chiamata e muore, defunge, di punto in bianco. C'è da dire che quel Nokia ne ha passate di cotte e di crude, che ha 5 anni ed è passato dalle fauci di un Beagle al secchio del mocio, ma insomma, la cosa mi ha infastidito.
Con questo popò di premessa dovrebbe seguire un post lamentevole e cronicamente depresso.
E invece no! Sorpresa!
Ho passato uno splendido lunedì.
Non ero al lavoro, chissà perchè, senza alcun progetto me lo ero presa ferie.
E ho passato una splendida giornata (sottofondo fai pure quella di Vasco) con un caro Amico che non vedevo da trentadue anni.
Che strano era passeggiare per il centro di Ravenna di lunedì mattina, già in centro non ci finisco mai, poi i lunedì non lavorativi ormai non so più dove stanno di casa.
Non so chi era più curioso dei due, nel passeggiare per il centro, lui che non era mai stato o io che vedevo mille negozi nuovi; finchè si parla di storia e di monumenti son preparata, poi dopo divento turista pure io.
L'apertivo al Belli di lunedì a mezzogiorno non l'avevo mai fatto.
Passeggiare per Ravenna non è mai stato così leggero.
I cappelletti agli asparagi del Rustichello son sempre una garanzia.
Il mare d'inverno è come un film in bianco e nero.
Ma c'è una pace immensa nel camminare sulla battigia con la nebbia, a guardare cosa porta a a riva il mare, con il sottofondo della sirena del faro,
Oltre alla spiaggia compatta ci sono gabbiani trangenici, non dico Albatros o quale uccello nordico delle tempeste, proprio gabbiani, ma delle dimensioni di un tacchino.
Mentre stavo camminando sul bagnasciuga col mio Amico pensavo già quello che ora scrivo.
Ero serena, ero contenta, anche se fumo mille sigarette.
Poi pensa te, che mi devo far insegnare da un bergamasco cosa fanno le persone in spiaggia. che piglian su vongole e canocchie. Poi in effetti scomodiamo Fellini (che poi se un weekend scendi, Borgo San Giuliano merita)
Siamo arrivati noi, presa una specie di rampa nella sabbia e ci siamo incamminati nella nebbia.
Ovvio che comuni cristiani non ce ne stavano. Dopo un po', in mezzo all'acqua hanno cominciato a disegnarsi sagome umane, io ero ignata di questa usanza, l'Amico mio che non sta neanche al mare mi ha spiegato che prendevano canocchie e vongole.
Era bello quel silenzio rotto dal faro e basta...
Oh insomma poi, basta melanconìe e siamo pratici.
Allora siccome, detto prima cellulare defunto, necessito di un nuovo strumento di comunicazione, per me fondamentale è che sia useful e resistente (fino a stamane non sapevo neanche che era il blue tooth) si è andati all'Iper, posto che io aborro. Necessito di un telefono e quindi di passo marziale da Marco Polo. Miei standard: che sia sotto i cento euro, eppoi se ne lo devo prendere che abbia qualche cazzatina carina. Trovato un Nokia con: fotocamera 1.3, lettore audio, mp3 e cazzi vari, robe a cui non ero abituata proprio, coi cellulari sono ignorante, io dico che finche chiamo e mi rispondono o il contrario, o posso mandare sms son arrivata,
Allora lo prendo, senza storie, Io quando faccio acquisti la faccio poco lunga.
Scopro a casa, che ci pasticcia il mio Amico che ne ha un po' più di me, che mi hanno venduto un'espansione memoria che è inutile. Il telefono che ho preso non ha possibilità di espansione.
Mezz'ora di tiraculo. Lo potrei portare a canbiare, cazzo ho ragione, poi ci ho pensato qualche minuto. La digitale ce l'ho, è quasi sempre con me. Per poche foto sto affarino le fa, Ha pure la radio, che nell'i-pod manca.
Teniamoci sto coso.
ESSENTIAL: CHE DOMATTINA SUONI SVEGLIA.

In tutto questo post ho, come sempre parlato in singola persona. Non ero sola neanche un attimo.
Parlo di Amicizia.
Non amore, non infatuamento.
AMICIZIA

Erika, se mi leggi (so che lo fai):
io avevo ragione.

Al mio Amico: Che le persone gelose, invidiose e soprattutto meschine, ci crepino dentro alla loro cattiveria, poi non ci credevi, ma sto un po' timiduccia. Se avrai pazienza mi conoscerai (poi ti tocca per forza tra 22 giorni!)

w.o.w.y / Hiraeth va a nanna che è tardino.

p.s. mai soccombere per due dementi, tu sei tu, io sono io, gli faccio passar la voglia subito di farmi ...ehm poco fine........schiantare i coglioni!!!

P.P.S. Chi mi vuol mandare a culi o dir contro è ben accetto, a parte gli anonimi............

domenica 9 novembre 2008

Bloody Sunday


Questa mattina mi son svegliata troppo presto. Troppo presto, che avevo fatto le 2 passate.Ma aspirapolvere e lavatrice di quelli sopra, (che secondo me quella lavatrice ha dei seri problemi, se mi vibra il letto!) mi han costretto all'alzata. Striscio in sala, forze zero, non penso neanche al caffè. Allora mi dico: film! .... così magari mi viene sonno ancora e dormo un altro po'. Visto film, zero sonno. Bloody Sunday.

La prima volta che son stata a Derry ci son finita sull'onda entusiastica del mio migliore amico, lui c'era stato a vent'anni, da solo, coi Bus Eireaan. All'epoca ero acerba e selvatica, Derry mi ha addomesticato e incantato.



Il paese, cittadina in sè è bella proprio. C'è una collina, ci sono le mura.
Dall''alto vedi la differenza, la parte protestante, cordoli dei marciapiedi dipinti con la Union Jack, in basso giù il quartiere cattolico, il Boggside.

Oltrepassando il Free Derry Corner.
Sulla strada principale ci sono murales che sono arte pura, appena svolti un cavalcavia, parole spray. I.R.A.



La prima volta pub. Volevo a tutti i costi la loro maglietta, le avevano finite. Uscimmo io e Jackie da Derry, che scrivevo una lettera al proprietario del pub, a Jackie chiedevo consigli quando non mi veniva un verbo o una parola. Jackie mi compativa.
Mi innamorai del posto, della città e del pub, di tutto. Allora scrissi la lettera: carta e penna, busta e francobollo.

Tornata nella bassa padana avevo relegato tutti questi momenti a sogno, vacanza, altrove. Una sera di inizio novembre, tra buio e nebbia incespicai in un pacchetto che stava sulla mia soglia. Era un pacchetto Royal Mail. Dentro c'era la maglietta che sognavo (uhm di tre taglie più grande, ma è lo spirito che importa!) e una letterina del burbero Bartender Colm.
Mi sono seduta e mi son messa a piangere.

L'anno seguente sono tornata a ringraziare Colm. Si ricordava. Io dico che se ero in quegli anni sarei stata in strada.



Bloody Sunday (Gaelico: Domhnach na Fola), letteralmente "Domenica di Sangue", è il termine che indica un evento storico avvenuto nella città di Derry, Irlanda del Nord, il 30 gennaio 1972, quando il 1° Battaglione del Reggimento Paracadutisti Britannico aprì il fuoco contro una folla di manifestanti per i diritti civili, colpendone 26. Tredici persone, sei delle quali giovanissime, furono colpite a morte, mentre una quattordicesima persona morì quattro mesi più tardi per le ferite riportate. Due manifestanti rimasero feriti in seguitoall'investimento da parte di veicoli militari. Molti testimoni che non presero parte agli incidenti, compresi alcuni giornalisti, affermarono che i manifestanti colpiti erano disarmati. Cinque vittime inoltre furono colpite alle spalle.Il Governo Britannico condusse due inchieste:Il "Widgery Tribunal", tenutosi in seguito al verificarsi dei fatti, prosciolse largamente l'autorità ed i soldati britannici da ogni colpa, ma fu da più parti criticato come un "insabbiamento", compreso l'ex capo di gabinetto di Tony Blair, Jonathan Powell. La "Saville Inquiry", stabilita nel 1998 per gettare nuova luce sui fatti (presieduta da Lord Saville di Newdigate), è ancora in corso a Maggio 2008.Sebbene la campagna dell'IRA contro l'occupazione britannica dell'Irlanda del Nord fosse in corso già da due anni, l'eco dell'evento incoraggiò l'arruolamento nell'organizzazione.La Domenica di Sangue resta tra gli eventi più significativi delle recenti vicende dell'Irlanda del Nord, probabilmente perché l'azione fu condotta da truppe regolari, sotto gli occhi della stampa e della pubblica opinione.



Derry, Omagh, Enniskillen, Armagh. Belfast,
Ho perso il conto.
La violenza vs la non,
i ribelli dichiarati,
Cristiani, civili, ammazzati per strada come bestie.
17/19/21 anni.
La più bella e impegnata canzone degli U2 non è abbastanza.

A Belfast nel 2003 c'erano ancora le torrette,
i soldati inglesi in tenuta armata presidiavano,
li ho visti coi miei occhi, volevano distruggermi il rullino.
Ma io ero già digitale.
Prova tu stupido soldato Inglese a portare via la macchina fotografica
ad una cittadina turista c.e.e...
Con la loro stupidità potrebbero pure provarci, ma ho la fedina penale intonsa, facciano loro di me una dissidente.
L'Irlanda che ho più a cuore è Derry.
E di quella maledetta e sanguinosa domenica non ci si deve dimenticare.


Cattiva Strada (Nessun Dolore?)

Non sento niente no, nessun dolore.....

Non esprimo mea culpa.
A sto giro non penso di averne.
Parole spese da qualcun'altro in mio nome e di cui mi sono fidata.
In caso contrario avrei agito diversamente.
Spero di essere riuscita a dare una dimostrazione, come garantito, anche se ormai pare non serva più.
Gli ultimatum non fanno per me.
Perche così sono io, testarda e caparbia e incapace di chinare il capo.
Però non sono drastica, io son fin troppo propensa al perdono e alla mediazione.
Mi spiace da matti quando persone che reputo valide e intelligenti e sensibili non possono cambiare opinione ma rimangono schierate ad oltranza.
Meno una, e scende una lacrima.
Mi sorprendo e mi rammarico se vengo messa senza pietà nell'angolino.
Che non è certo da discutere che ognuno debba fare la sua vita e scegliere la strada migliore; ma allora mi domando perchè mi si cerchi come cassa di risonanza se non si vuole l'eco.
Pessimismo e fastidio.
Quasi rassegnazione, che quando sei abituato a ricevere mazzate, l'ennesima non ti stronca neanche più, tanto sei già sradicata.
Le cose certe non lo sono mai, puoi mettere una mano sul fuoco un giorno prima, su un dato di fatto, su una sicurezza, il giorno dopo la mano te
la bruci.
Sulla precarietà delle cose.
Stupida stupida io, che credo ancora.
E non mi vergogno a dire che certe persone non le vorrei proprio perdere.
Pare che stasera abbia fatto un ambo invece.
Fortunella come sempre.
Continuerò per la mia cattiva strada, a quanto pare.
Ma io ci sono, forse con un po' di retrogusto amaro, ma mai rancore.
Il rancore è per chi non merita considerazione.
A chi voglio bene sempre un abbraccio.
Nel bene e mel male.
Amo ergo sum.
Grazie immensamente per gli splendidi regali.
Uno, tangibile era una cosa che sognavo, non riesco a smetterlo di guardarlo, per quant'è bello.
L'amore o l'affetto miei andranno sempre oltre.
Gli altri non hanno forma, sono solo sorrisi e sensazioni, che spero di non perdere.
In ogni caso continuerò a combattere contro i mulini a vento.

giovedì 6 novembre 2008

In The meanwhile (waiting for the green)

Nel frattempo è stato il mio compleanno, due giorni fa. Poca pubblicità assolutamente, che qua non è che ci sia molto da festeggiare. Poi di festeggiamenti analcolici mi vien la pelle d'oca al solo pensiero.
Quindi ci si è messo di mezzo il meteo, qua ultimamente piove così tanto e così spesso che neanche a Tbilisi. Fatto sta che il mio compleanno l'ho degnamente festeggiato in casa con 39 di febbre e stridor di denti. Quando ho ripreso conoscenza dopo ore di febbrile narcosi, ho terminato un libro per me pietra miliare: Il Maestro & Margherita, uno spettacolo, una commozione, non posso riportare il finale perchè so che toglierei il gusto a chi qualsivoglia lo stia leggendo, ma quella cavalcata d'ombra e di speranza mi sono rimaste dentro. Ringrazio la buona amica che me l'ha prestato, che lei si vede che almeno un pochino mi ha inteso.
In the meanwhile, mentre aspetto la verde realizzazione, sto qua, mi perdo a guardare il mio regalo di compleanno, l'unico, una bella lampada missile, kitsch con i brillantini che fluttuano in un liquido blu, nella penombra della mia sala. Luccicano e nuotano, e sulle pareti e sulle mie cornici si accendono arcobaleni turchini.
Nel frattempo scarico film impegnati, che non so quando troverò il tempo di vedere.
Nel frattempo sto finendo l'"Opera Omnia" di Findus/Hiraeth dj, un dvd da 850 pezzi, storia mia, del mio amore per la musica, una sfida, un impegno. Per un Amico.
Nel frattempo mi mangio un hot dog (forse due) alla salute della vittoria di Obama.
Nel frattempo io dico che faccio ancora bene a fidarmi del mio giudizio, che se l'imperante must è la falsità e la disonestà, io ancora riesco a riconoscere la moneta buona anche se non la stringo tra i denti.

domenica 2 novembre 2008

Non ci posso credere

La terapia elettroconvulsivante (TEC), comunemente nota come elettroshock, è una tecnica terapeutica, basata sull'induzione di convulsioni nel paziente successivamente al passaggio di una corrente elettrica attraverso il cervello. La terapia fu sviluppata e introdotta negli anni trenta dai neurologi italiani Ugo Cerletti e Lucio Bini.
L'effettiva utilità ed opportunità di questa tecnica è tutt'oggi molto dibattuta. Alcune tipologie di pazienti presentano oggettivi miglioramenti in seguito al trattamento. La terapia ha comunemente una fama negativa presso parte dell'opinione pubblica, a causa sia dell'abuso e della pratica aggressiva che se ne è fatta in taluni casi, sia della presentazione che ne è stata a volte data in letteratura e cinematografia.

Cerletti arrivò a utilizzare l'elettroshock terapeutico sull'uomo in conseguenza degli esperimenti da lui condotti sugli animali circa le conseguenze neurologiche di ripetute
crisi epilettiche. All'Università di Genova e successivamente all'Università di Roma, usò apparati elettroconvulsivanti per provocare attacchi epilettici ripetibili e controllabili su cani e altri animali. L'idea di utilizzare la TEC su pazienti neuropsichiatrici gli venne dopo aver osservato alcuni maiali che venivano anestetizzati con una scarica elettrica prima di essere condotti al macello. Va inoltre considerato che sin dal 1935 il metrazol (un farmaco convulsivante) e l'insulina erano largamente usati in molti Paesi per il trattamento della schizofrenia, con risultati interessanti.
L'approccio era basato sulle ricerche effettuate dal premio Nobel
Julius Wagner-Jauregg sull'uso di convulsioni indotte attraverso la malaria per la cura di alcuni disturbi nervosi e mentali - come la demenza paralitica causata dalla sifilide - nonché sulle teorie sviluppate da Ladislas J. Meduna, secondo il quale la schizofrenia e l'epilessia erano disturbi antagonisti; ricerche e teorie che nel 1933 portarono Manfred Sakel a sviluppare la terapia del coma insulinico in psichiatria.
Cerletti usò per la prima volta la terapia elettroconvulsivante nell'aprile del
1938, in collaborazione con Lucio Bini, su un paziente affetto da schizofrenia con sintomi di delirio, allucinazione e confusione; una serie di elettroshock terapeutici permisero al paziente di tornare ad uno stato mentale di normalità. Conseguentemente, negli anni successivi, Cerletti e i suoi collaboratori effettuarono regolarmente gli elettroshock terapeutici, sia su animali sia su pazienti neuropsichiatrici, arrivando a determinare l'affidabilità della terapia e la sua sicurezza e utilità nella pratica clinica, soprattutto per il trattamento della psicosi maniaco-depressiva, e dei casi più gravi di depressione. Il suo lavoro e le sue ricerche ebbero un'influenza notevole, e l'uso della terapia si diffuse velocemente in tutto il mondo.
Inizialmente la terapia veniva praticata su pazienti coscienti, senza l'uso di
anestesia e rilassanti muscolari. I pazienti perdevano conoscenza durate la seduta e subivano violente contrazioni muscolari incontrollate, che a volte potevano causare fratture ossee (specialmente alle vertebre) e stiramenti muscolari.
È possibile che la terapia stessa sia stata impiegata come mezzo di punizione e di sedazione per i pazienti ribelli (tra cui possono essere collocati anche soggetti sani ma ritenuti socialmente deviati).
Con il miglioramento farmacologico delle terapie per le malattie mentali, nella seconda metà del
XX secolo l'uso elettroshock si è notevolmente ridotto.
Verso la metà degli
anni ottanta la terapia ha conosciuto una fase di espansione e di rivalutazione negli Stati Uniti, allorché le compagnie assicurative avevano introdotto nei contratti una clausola in base alla quale esse avrebbero pagato agli assicurati il ricovero per non più di sette giorni, decorsi i quali la copertura assicurativa sarebbe scattata solo nel caso di necessità di interventi maggiori, quali per esempio quelli chirurgici; nello specifico, in psichiatria, l'unico intervento maggiore che avrebbe giustificato la prestazione assicurativa anche oltre i primi sette giorni di ricovero è l'elettroshock.
Oggi è impiegato nel trattamento dei casi in cui ha dimostrato un'utilità certa (casi tra i quali non figura la schizofrenia) previa somministrazione di anestetici e rilassanti muscolari per controllare le convulsioni.

Attuale impiego terapeutico

Attualmente la TEC è utilizzata prevalentemente nel trattamento della depressione grave, in particolare nelle forme complicate da psicosi. (NIH & NIMH Consensus Conference, 1985; Depression Guideline Panel, 1993; Potter & Rudorfer, 1993).
Può essere impiegata anche in casi di depressione grave in cui la terapia con
antidepressivi ripetuta e/o la psicoterapia non si sono rivelati efficaci. (Potter et al., 1991; Depression Guideline Panel, 1993), nei casi in cui queste terapie siano inapplicabili o quando il tempo a disposizione è limitato (per esempio nei casi di tendenze suicide).
Altre indicazioni specifiche si hanno nei casi di depressione associata a malattie o
gravidanza, in cui la somministrazione di antidepressivi può essere rischiosa per la madre o per lo sviluppo del feto. In questi casi, dopo avere attentamente valutato il rapporto costo/benefici, alcuni psichiatri ritengono la terapia elettroconvulsivante la soluzione migliore per la depressione grave.
In alcuni casi la TEC è anche usata per trattare le fasi maniacali del
disturbo bipolare e condizioni non comuni di catatonia. L'elettroshock deve essere somministrato in condizioni controllate e da personale specializzato (Rudorfer et al., 1997), come imposto da diverse legislazioni relative alla salute mentale.
In Italia il riferimento principale è la circolare del Ministero della Salute del
15 febbraio 1999. La TEC deve essere somministrata esclusivamente nei casi di "episodi depressivi gravi con sintomi psicotici e rallentamento psicomotorio", dopo avere ottenuto il consenso informato scritto del paziente, al quale devono essere esposti i rischi ed i benefici del trattamento e le possibili alternative. L'applicazione dello shock deve avvenire su paziente incosciente per l'effetto di anestetici e trattato con rilassanti muscolari per controllare le contrazioni muscolari.
Esistono casi in cui la validità del consenso informato è dubbia a causa dello stato mentale del paziente. Questi casi impongono gravi problemi decisionali, in cui contrastano tra loro la salute del paziente, la sua capacità decisionale, la responsabilità del medico e la relazione medico-paziente. La legislazione e la
giurisprudenza delle diverse nazioni che si trovano ad affrontare il problema sono in progressiva evoluzione.
Attualmente la AITEC (Associazione Italiana per la Terapia Elettroconvulsivante), il cui presidente è il Prof. Giuseppe Bersani dell'Università Sapienza di Roma, ha sottoscritto una petizione per il Ministro della Salute per incentivare l'utilizzo di questa terapia in Italia, sulle orme di quanto già succede in tutto il resto d'Europa.

Tecnica terapeutica
Per indurre le convulsioni viene fatta passare una corrente elettrica costante (tipicamente 0,9
Ampere) attraverso il cervello per mezzo di due elettrodi applicati in specifici punti della testa, previa apposizione di un gel, una pasta o una soluzione salina per evitare bruciature della pelle. Un tempo gli elettrodi erano collocati sulle tempie, oggi si preferisce l'applicazione all'emisfero cerebrale non dominante, di solito a destra (TEC monolaterale). In questo modo si evita il passaggio della corrente direttamente attraverso le aree della memoria e dell'apprendimento.
Poiché nelle moderne apparecchiature viene somministrata una corrente costante, la tensione varia fino a un massimo che tipicamente è di 450
volt, ma solitamente si colloca a valori pari a circa la metà. Spesso le macchine sono programmabili in joule, in modo che il terapista possa somministrare la minima energia possibile, riducendo la durata dello shock. Il manifestarsi delle convulsioni viene constatato con un monitoraggio elettroencefalografico.
Le convulsioni indotte, se non modificate, sono più intense di quelle prodotte durante una
crisi epilettica. L'induzione di adeguate convulsioni generalizzate è necessaria per produrre l'effetto terapeutico (Sackheim et al., 1993).
Terminate le convulsioni si ha un periodo di tempo durante il quale l'attività corticale è sospesa e il
tracciato elettroencefalografico è piatto. Alcuni psichiatri oppositori della TEC affermano che questa fase equivalga alla morte cerebrale e sia causa di danno cellulare, tuttavia non esistono prove certe al riguardo. Al risveglio i pazienti non hanno alcun ricordo delle convulsioni e dei momenti precedenti la sessione. Alcuni medici hanno paragonato la TEC e il meccanismo terapeutico che offre al reset dei computer (lo psichiatra Franco Basaglia affermò che curare una persona con l'elettroshock era come "prendere a pugni un televisore per aggiustarne la frequenza").
Il ciclo terapeutico comprende da sei a dodici trattamenti somministrati al ritmo di tre volte a settimana. Secondo studi le sedute devono essere separate da almeno un giorno.
Il meccanismo di azione della TEC non è conosciuto, ma diversi studi hanno dimostrato che la ripetuta applicazione del trattamento influisce su diversi
neurotrasmettitori nel sistema nervoso centrale. La TEC sembra sensibilizzare due sottotipi di recettori per la serotonina (5-HT), aumentando la trasmissione del segnale. Inoltre la TEC riduce l'efficacia della norepinefrina e della dopamina inibendo gli auto-recettori rispettivamente nel locus coeruleus e nella substantia nigra, causando il rilassamento di molti pazienti (Ishihara K, Sasa M., 1999).

Rischi ed effetti indesiderati
I rischi maggiori presentati dalla TEC sono quelli dovuti all'anestesia generale. Non ci sono altri gravi rischi che ne precludano l'uso.
I principali effetti collaterali sono confusione e perdita della memoria degli eventi prossimi al periodo del trattamento. Entrambi gli effetti scompaiono generalmente nell'arco di un'ora dal risveglio.
Gli effetti persistenti sulla memoria sono variabili. Tipicamente, nel trattamento bilaterale, con gli elettrodi posti cioè ai due lati del cranio, si può avere una parziale perdita di memoria per gli eventi accaduti nel periodo delle sessioni terapeutiche e nei sei mesi precedenti, con difficoltà a memorizzare nuove informazioni per un periodo di due mesi dopo il trattamento (NIH & NIMH Consensus Conference, 1985).
Alcuni studi di neuropsicopatologia hanno mostrato un ritorno alla normalità delle capacità di memorizzazione ed apprendimento dopo diversi mesi (Calev, 1994), sebbene l'entità del danno alla memoria ed il recupero sia molto variabile da individuo ad individuo (NIH & NIMH Consensus Conference, 1985; CMHS, 1998).
I timori che la TEC possa indurre danni cerebrali strutturali non trovano conferma in decenni di ricerche sia su umani che su animali (NIH & NIMH Consensus Conference, 1985; Devanand et al., 1994; Weiner & Krystal, 1994; Greenberg, 1997; CMHS, 1998). Altri studi al contrario suggeriscono che il trattamento TEC a lungo termine sembra proteggere il cervello dagli effetti dannosi della depressione. La TEC incrementa l'espressione di fattori neurotrofici cerebrali nel
sistema limbico, stimolando la crescita e proteggendo i neuroni dall'atrofizzazione indotta dalla depressione. (Duman RS, Vaidya VA., 1998).
Un effetto indesiderato minore è il dolore muscolare sofferto al risveglio a causa dei rilassanti muscolari.